Donato Bosca
Titoli dell'autore
La scuola dimenticata
Donato Bosca
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![]() Decine di insegnanti, in prevalenza maestre, centinaia di alunni, ricordi, testimonianze, memorie.
€ 18,00
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Gente di Langhe
Donato Bosca
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![]() Il vitigno denominato "Dolcetto" ha origini molto antiche, e compare per la prima volta in uno scritto conservato accuratamente nell'archivio storico del Comune, dove si cita chiaramente il vitigno Dolcetto, chiamato nel volgare dell'epoca "dozzetti". Si tratta di un'ordinanza emanata dalla Municipalità di Dogliani datata 28 agosto 1593, in cui veniva disciplinata la raccolta dell'uva per impedire lo spreco di una vendemmia anticipata. Infatti si faceva divieto assoluto di staccare dalle viti le uve prima del giorno della festa di S.Matteo (21 settembre) per non incorrere nella pena della confisca dell'intero raccolto. E propriamente ai piedi della cappelletta mi venne spontaneo accostare il nome del Santo ad un grande Patriarca di collina del passato, il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, che seppe intrecciare nell'arco della vita l'intensa attività universitaria e politica con l'amore per la terra e con la viticoltura. Trasferitori giovanissimo dalla natia Carrù a Dogliani, città natale della madre, ad appena 23 anni, nel 1897, acquistò la Cascina San Giacomo divenuta negli anni suo "buen retiro" langhetto e ancora oggi epicentro dei Poderi Einaudi. Agli inizi del Novecento, quando sulle colline era ancora consuetidine attribuire danni e malattie all'opera di stregonerie o di malevole fatture, per primo nella zona iniziò a combattere la filossera innestando le barbatelle su vitigno americano, suscitando dubbi e forti perplessità nel vicino mondo contadino che eufemisticamente lo considerava persona stravagante. Il professor Luigi, per non smentire la propria "stravaganza innovativa", rompendo le inveterate consuetidini locali, ritenne più conveniente vinificare interamente la produzione dei vigneti anzichè vendere le uve.
€ 18,00
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La domenica che anche Dio stava nascosto
Donato Bosca
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![]() Migliaia di libri e milioni di pagine edite raccontano quella che fino a ieri la maggioranza degli Italiani chiamava "guerra di liberazione". Tanta profusione di ricerca e di spazi narrativi in alcuni casi non è stata sufficiente per dare un volto, un nome e una storia ai civili "vittime di tragico errore", sconosciuti che avevano il torto di essersi trovati nel posto sbagliato nel momento più sfavorevole.Da recuperante di memorie del mondo contadino, Donato Bosca cerca in questo libro di riparare il torto del silenzio e dell'oblio e lo fa dando voce alla gente comune: partigiani, familiari, testimoni di prima mano, cittadini. Si muove su un percorso innovativo e inatteso, mettendo in discussione gli stereotipi delle celebrazioni che hanno preteso di coltivare la pace tenendo il fucile puntato. Spiega che per educare i giovani alla memoria del passato, la scuola ha bisogno di uno scatto d'orgoglio, chiudendo a chiave la retorica per dare campo alla vita vera, insegnando ad odiare le atrocità della guerra e l'aberrante convinzione che il sangue chiami altro sangue, saecula saeculorum. Non si pone il problema se equiparare o meno la causa dei resistenti alla causa dei "ragazzi di Salò" e nemmeno vuole soppesare sulla bilancia dei sentimenti il sangue dei vinti in competizione con il sangue dei partigiani. Dice chiaramente che non ha senso contestare la Resistenza nelle sue linee generali, negando valore all'unica guerra dove i combattenti erano dei volontari. Prova, invece, a contare il numero dei morti e a dimostrare che in quella guerra ci sono stati molti delitti inutili, molte uccisioni per fini personali che con i discorsi della libertà e della democrazia non c'entravano nulla....
€ 16,00
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