La maestra che insegnava sui bricchi
![]() La venturina
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autori: | Maria Tarditi |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Maria Tarditi ha lo sguardo complice e la parola fluente, «come tutti noi Chichini» ci tiene a precisare alludendo al soprannome che da tempo immemore è attribuito ai Tarditi di Monesiglio. Ed è proprio a Monesiglio e ai paesi abbarbicati su quelle colline che già sanno di montagna, che rimandano i libri che la maestra elementare Maria Tarditi ha cominciato a scrivere negli anni Novanta dopo il pensionamento. «Non sono una storica, mi limito a narrare quanto ho sentito raccontare oppure ho vissuto in prima persona». Il suo primo libro, «Pecore matte», è una ricognizione di quel mondo di masche e soprannaturale che popolava l´infanzia dei bambini nati e cresciuti tra Tanaro e Bormida. «Nelle interminabili sere d´inverno gli adulti vegliavano confortati da un bicchiere di vino e da una manciata di patate cotte sotto la brace». E in quelle occasioni, che la Tarditi definisce «il nostro teatro e la nostra scuola», erano raccontate le storie destinate a rimanere impresse nella mente dei bambini. Maria Tarditi nasce alla fine degli anni Venti a San Martino, il piccolo podere che la famiglia possiede a Monesiglio: «un pezzo di terra aspro che rendeva forse una dozzina di sacchi di grano all´anno». La sua è una famiglia modesta, il padre cuoco in Riviera prima e a Limone poi, fino al 1939 si vede poco a casa. Ad allevare Maria sono la madre e il parentado in cui spicca lo zio paralizzato cui ha dedicato l´affettuoso libro «L´ultimo della fila». «L´ho scritto perché mi sono accorta che nei Chichini giovani, cioè nei Tarditi di ultima generazione, il ricordo di quest´uomo, sereno quanto può esserlo chi si trova in tali frangenti, stava svanendo». Ma il vero capo famiglia è il nonno i cui studi religiosi interrotti dalla necessità sopravvivevano in ammonizioni e motti latini che regala alla nipote Maria. «Era un uomo gioviale nonostante il peso che gravava sulle sue spalle» dice Maria Tarditi che lo ricorda offrire il vino buono ai lavoranti nei giorni della battitura. «Anzi, siccome quelli erano giorni di festa, il vino veniva offerto anche a estranei che passavano nelle vicinanze». Ma la vita è dura e così Maria a 11 anni va a lavorare nella filanda di Monesiglio. È brava, a 12 anni è già filera. «Che miasmi, che vapori - ricorda oggi -; con un mestolo d´alluminio bevevo un po´ d´acqua da un secchio per riempire il quale era necessario andare in piazza alla fontana pubblica». Non è quella la vita che vuole. Mentre sbatte i bozzoli con le dita cotte dall´acqua bollente sogna di diventare maestra. Cerca di studiare la sera ma la stanchezza che ha in corpo e il frastuono di una casa sempre vissuta glielo impediscono. Si iscrive vanamente a una scuola per corrispondenza. Alla fine la famiglia si decide a mandarla in Liguria, a Pegli da alcuni zii che la ospitano consentendole di frequentare le scuole e di diplomarsi maestra, «con la ragguardevole media di 8,75». Dopo un iniziale peregrinare tra Briga Marittima, Mombarcaro, Prunetto e Saliceto, nei primi anni Cinquanta arriva a Pievetta, frazione di Priola. Vi rimarrà per 38 anni, sino alla pensione. È una delle due insegnanti che in servizio in una pluriclasse si alternano facendo l´una la prima e la seconda elementare, l´altra la terza, la quarta e la quinta. «Eravamo isolati e di fatto facevamo come volevamo. Le varie riforme della scuola ci sono passate sulla testa quasi senza che ce ne accorgessimo». Gli alunni provenivano da famiglie modeste che tuttavia credevano nel valore formativo della scuola. «La dispersione scolastica non l´abbiamo mai conosciuta». I ragazzi erano già dei piccoli uomini e le ragazze delle donne di casa: «i primi pulivano la stufa presente nell´aula e spaccavano con l´accetta la legna portata in classe, le seconde a 10 anni erano in grado di preparare il minestrone». Con ognuno di loro è nato un rapporto che dura ancora oggi, alimentato da visite, telefonate e lettere. Un´unica ombra rattrista Maria Tarditi, i 16 «che mi sono già passati davanti». Ma cosa ha spinto una maestra in pensione a scrivere? Maria Tarditi lo confessa senza remore: il suo primo libro lo ha scritto per reazione alla gioventù dorata narrata da Susanna Agnelli in «Vestivamo alla marinara». «Sui bricchi di Monesiglio noi non vestivamo certo così - dice accompagnando le parole con un gesto della mano che non ammette repliche -, ho voluto far sapere "come vestivamo" noi». E da allora non ha mai smesso di narrare quel mondo che rivive nei libri editi dall´Araba Fenice e ora persino in un film di cui è protagonista. (16 aprile 2009)
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