Ricordanze di un ragazzo per bene
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Il racconto di vita dell'autore, le persone incontrate, un'autobiografia dove l'arte e la letteratura s'intrecciano con la vita da spirito libero e anticonformista.
Quarta di copertinaQuanto perbenismo nella famiglia Peano! Quanti convenevoli, quanti freni, quante cose trattenute, non dette! C'era sempre una facciata, bella, pulita, rigorosa, un pò severa da mostrare alla gente, agli altri. Certe cose, certi argomenti si potevano tirar fuori, altri no. Le buone maniere erano la regola. Gli abbracci, i baci, i gesti, i sorrisi scambiati tra di noi erano formali. Non dico che da qualche parte non ci fosse un sentimento, uno straccio di sentimento, ma era avviluppato, messo lì accanto, mai partecipato fino in fondo. C'era una sorta di pudore un pò vigliacco, a ben vedere leggermente malsano, nel mettere, non dico a nudo, ma perlomeno nel mostrare, anche solo in parte sé stessi, gli affetti, i sentimenti. A ripensarci, nel rapportarmi con i parenti Peano, mi sono sempre sentito come sotto una campana di vetro, come quell'orologio di metallo dorato frmo da chissà quanto tempo che faceva bella mostra di sé sul comò della camera da letto di zia Anna.Biografia dell'autoreAlessandro Abrate, storico dell'arte, accanto all'attività di insegnante, si occupa dell'organizzazione di mostre ed eventi culturali. Autore di varie pubblicazioni (tra cui il testo monografico "Il castello di Carrù, 1989), collabora a riviste e periodici, approfondendo soprattutto argomenti legati all'arte ed alla valorizzazione dei Beni Culturali Piemontesi, cuneesi in particolare.Narrativa edita: La Dama del Castello (2001), La Marchesa Dimenticata (2004), La misteriosa Compagnia dell'Idea (2008). Nel 2014 con Araba Fenice ha pubblicato Ester. La ballerina del Kedivé.
Quanto perbenismo nella famiglia Peano! Quanti convenevoli, quanti freni, quante cose trattenute, non dette! C'era sempre una facciata, bella, pulita, rigorosa, un pò severa da mostrare alla gente, agli altri. Certe cose, certi argomenti si potevano tirar fuori, altri no. Le buone maniere erano la regola. Gli abbracci, i baci, i gesti, i sorrisi scambiati tra di noi erano formali. Non dico che da qualche parte non ci fosse un sentimento, uno straccio di sentimento, ma era avviluppato, messo lì accanto, mai partecipato fino in fondo. C'era una sorta di pudore un pò vigliacco, a ben vedere leggermente malsano, nel mettere, non dico a nudo, ma perlomeno nel mostrare, anche solo in parte sé stessi, gli affetti, i sentimenti. A ripensarci, nel rapportarmi con i parenti Peano, mi sono sempre sentito come sotto una campana di vetro, come quell'orologio di metallo dorato frmo da chissà quanto tempo che faceva bella mostra di sé sul comò della camera da letto di zia Anna.
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