Grido e controgrido
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Che cosa significa cantare insieme ad altre voci? E se questo avviene non in una "normale" corale, con gli spartiti musicali e sotto la guida di un direttore, ma in un gruppo spontaneo di contadini "padani", tra montanari che urlano a pieni polmoni, aggrappati alle bottiglie di vino di fumose osterie?
E quali riflessioni antropologiche, musicologiche, politiche, e filosofiche puù suscitare quel selvaggio canto polifonico? Come può la pratica del canto popolare assurgere a rito comunitario, e comepuò tale rito assumere una valenza politica esemplare? E cosa ha a che rfare ciò con gli "invasati di Dioniso" di cui scrive Nietzsche? A queste e ad altre domande l'autore cerca di rispondere non attraverso l'asettico approccio dello studioso "esterno", bensì mettendo a frutto una immedesimazione totale col mondo che racconta, cantando a squarciagola insieme all'Altro. Biografia dell'autoreDiego Anghilante insegna storia e filosofia in un liceo di Cuneo. Ha pubblicato poesie e saggi filosofici sulle riviste "Il Verri" e (dir. Luciano Anceschi, 1992) e "Paradosso" (dir. Massimo Cacciari, 1994). Tra le ultime sue pubblicazioni: la curatela dell'Opera poetica occitana di Antonio Bodrero, grande poeta dialettale del '900 (nella collana "Il pensiero occidentale", Bompiani, Milano 2011, pag. 1082); la tragedia in lingua occitana Bastian Nevacho (Centro Studi Piemontesi, Torino 2012). Dal 1997 è direttore del mensile Ousitanio Vivo (organo di informazione della minoranza linguistica occitana in Italia).
Eventi collegati a Grido e controgrido
Grido e controgrido a Robilante
ex fraternità, il 07.06.2019alle ore 21.00, Robilante
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Prima di essere pubblicato, dovrà essere approvato dalla redazione.
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In "Grido e controgrido" DiegoAnghilante racconta "dal di dentro" quel un rito comunitario d'un mondo scomparso, ma non del tutto.
(ernesto billò) - Ricordate i mercati d'un tempo nereggianti di folla, risuonanti di belati e muggiti, di richiami e
contratti, di voci e di strenui canti d'osteria già al mattino fino a notte fonda? Canti popolari spontanei che sapevano di sfogo, di rivalsa, di sfida con gli altri nel tentare le note più alte e
gli accordi più impossibili. Sotto le basse fumose volte delle bettole tremavano vetri e bicchieri, ed echeggiavano cori in concorrenza da cento altre osterie aperte in ogni via e in ogni vicolo. Solo apparentemente dissonanti, quei canti esprimevano civiltà contadina e montanara ormai remota. Adesso, a "raccontare" il canto popolare per l'editore "arabAFenice" provvede Diego Anghilante, docente di storia e filosofia a Cuneo e convinto cultore dell' Occitania (da oltre vent'anni dirige "Ousitanio vivo"); e lo racconta appassionatamente "dal di dentro", perché fin da giovane ne ha fatto esperienza cantando con gli anziani della sua Sampeyre. Ma fin dal titolo, "Grido e controgrido" tratto da Nietzsche, lascia intendere sorprendenti consonanze con filosofi, antropologi e autori d'ogni epoca, da Platone a S. Agostino a Guicciardini, da Spinoza a Dante (non senza punzecchiature a certi eccessi e superficialità dei "dotti" odierni"). Attenzione però: per i cantori spontanei non contano tanto i testi e le storie, (come invece contavano per Costantino Nigra, che nell'Ottocento ne raccolse tantissimi in Piemonte), quanto la pluralità di voci che, senza uno spartito e senza un direttore, sfogano a piena gola speranze e paure: in un "patto" che coinvolge tutte le energie e consente un' unione d'animi: ciascuno per sé e tutti per uno. Voci come grida di primitivi e belligeranti, che tuttavia si cercano e si aiutano e creano "armonie sonore di vertiginosa altezza", e danno ai cantori momenti di una soddisfazione non solo estetica ed espressiva, ma sociale, perché col bicchiere fra le mani a quel tavolo d'osteria, "ognuno dà il meglio di sè per contribuire a una "poiesis", una poesia e un' epica collettive. Poi all' alba il canto e l'incanto cessano, fino alla prossima volta...
Scomparse le osterie e la colonna sonora di quei cori dionisiaci, a quella tradizione si sono poi collegati gruppi anche delle nostre langhe e pianure. E Gian Luigi Beccaria, che ne ha fatto esperimento insieme con l'indimenticato amico e collega Eugenio Corsini (quello dell' "Apocalisse"), ha dedicato alla canzone popolare narrativa, vera "letteratura degli ultimi", un intrigante scritto in "Sigma" del 1978: giustamente citato da Anghilante insieme a tanti altri interventi e a una bibliografia ampia e varia.
Recensione uscita su l'Unione Monregalese del 19 giugno 2019.
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