Bra e dintorni
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Lungi dall'essere una biografia o un saggio critico questo libro ha l'ambizione di narrare "quei tre vicoli", cioè Bra, e se saremo stati fortunati, ci ritroveremo tra le mani uno Zibaldone di braidesità, un prontuario di ciò che siamo stati e, forse, almeno in parte, ancora siamo.
Quarta di copertinaSono passati 30 anni da quel 10 dicembre 1987 in cui Giovanni Arpino, appena sessantenne, compiva il doloroso "passo d'addio" raggiungendo il mondo dei più.Come ogni anniversario tondo, il trentennale offre l'occasione per fare alcune considerazioni a Bocce ferme, per citare il titolo di un suo prezioso libro di composizioni redatte ricorrendo alla "carne cruda del dialetto". A bocce ferme, dunque, il volume tenta di tratteggiare il rapporto tra Arpino, Bra e i braidesi, attingendo e affidandoci alle parole dello scrittore. A Giovanni Arpino forse sarebbe piaciuto dire della sua Bra quanto l'astigiano Davide Lajolo affermava a proposito della natia Vinchio: " è il mio nido, ci sono nato nel tempo del grano biondo. Quando ritorno qui sono felice, mi libero di tutto". Anagraficamente parlando Bra non è stato il "nido" di Arpino perchè il destino, assunte le fattezze del regio esercito che aveva inviato il padre ufficiale di carriera in Istria, volle che i suoi natali cadessero nella estranea e lontana Pola, "ove nacqui per ordine del re, come accade di nascere in treno o in tassì". Eppure braidese Arpino fu e si considerò. Per quanto piegato all'inevitabile nomadismo professionale che lo portò a lungo altrove, la piccola patria braidese fu sempre il porto sicuro ove tornare. Lungi dall'essere una biografia o un saggio critico, questo libro ha l'ambizione di narrare "quei tre vicoli", cioè Bra, attingendo alle parole dello scrittore stesso, talvolta a interi paragrafi ove "la citazione è lunga ma necessaria. Un buon scrittore - ammoniva Arpino stesso - non va mai catturato attraverso una frasetta di comodo". E, se saremo stati fortunati, alla fine di questo percorso ci ritroveremo tra le mani uno Zibaldone di braidesità, un prontuario di ciò che siamo stati e, forse, almeno in parte, ancora siamo. Indice testualeAppunti su Arpino, Bra e i braidesiViale Madonna dei Fiori Piazza Caduti per la Libertà Il Garibaldi, l'Angelo e le osterie di Talin Piazza XX settembre, il Belvedere Le colline Il caffè Boglione La pasticceria Berzia e via Cavour La guerra, l'occupazione, la Resistenza, la Liberazione La fine delle concerie e l'impero di Giovanni Sartori La sinistra La caserma Via Umberto I, la circonvallazione interna, piazza Giolitti L'ospedale, il Cottolengo Piazza Carlo Alberto, piazza Roma Oltre la cinta muraria Contado e contadini Ringraziamenti Biografia dell'autoreNato nel 1977 a Bra (CN), Fabio Bailo ha conseguito la laurea in Scienze Politiche presso l'Università di Torino con una tesi dedicata al turbolento periodo di storia braidese che va dalla Prima Guerra Mondiale all'emergere del fascismo.Si scorgono in queste ricerche la passione per la Storia e le storie del territorio che portano Bailo nel 2005 a co-fondare, con Carlo Petrini, Gina Lagorio e Rosella Fissore, l'Istituto Storico di Bra e la rivista trimestrale Bra, o della felicità, pubblicazione che dirige fino al 2011. Nel 2010 Bailo vince il dottorato di ricerca in Tradizioni linguistico-letterarie nell'Italia antica e moderna presso l'Università del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro". Ha pubblicato Paolo Farinetti e la XXI Brigata Matteotti "Fratelli Ambrogio" (Eataly, 2013), Riccardo Roberto, l'uomo che diede "gli otto giorni" al re (Edizioni Albesi, 2013), Storie della vecchia Bra (Araba Fenice, 2014). Più recentemente ha curato il libro di Oscar Farinetti Mangia con il pane. Storia di mio padre, il comandante Paolo (Mondadori, 2015) e la ristampa anastatica del volume Bra ai prodi suoi figli caduti per la patria 1915-1916(2015).
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Bra e dintorni. A spasso con Giovanni Arpino
Centro Polifunzionale "Giovanni Arpino", il 05.10.2017alle ore 21.00, Bra
Sono passati 30 anni da quel 10 dicembre 1987 in cui Giovanni Arpino, appena sessantenne, compiva il doloroso "passo d'addio" raggiungendo il mondo dei più.
Come ogni anniversario tondo, il trentennale offre l'occasione per fare alcune considerazioni a Bocce ferme, per citare il titolo di un suo prezioso libro di composizioni redatte ricorrendo alla "carne cruda del dialetto". A bocce ferme, dunque, il volume tenta di tratteggiare il rapporto tra Arpino, Bra e i braidesi, attingendo e affidandoci alle parole dello scrittore. A Giovanni Arpino forse sarebbe piaciuto dire della sua Bra quanto l'astigiano Davide Lajolo affermava a proposito della natia Vinchio: " è il mio nido, ci sono nato nel tempo del grano biondo. Quando ritorno qui sono felice, mi libero di tutto". Anagraficamente parlando Bra non è stato il "nido" di Arpino perchè il destino, assunte le fattezze del regio esercito che aveva inviato il padre ufficiale di carriera in Istria, volle che i suoi natali cadessero nella estranea e lontana Pola, "ove nacqui per ordine del re, come accade di nascere in treno o in tassì". Eppure braidese Arpino fu e si considerò. Per quanto piegato all'inevitabile nomadismo professionale che lo portò a lungo altrove, la piccola patria braidese fu sempre il porto sicuro ove tornare. Lungi dall'essere una biografia o un saggio critico, questo libro ha l'ambizione di narrare "quei tre vicoli", cioè Bra, attingendo alle parole dello scrittore stesso, talvolta a interi paragrafi ove "la citazione è lunga ma necessaria. Un buon scrittore - ammoniva Arpino stesso - non va mai catturato attraverso una frasetta di comodo". E, se saremo stati fortunati, alla fine di questo percorso ci ritroveremo tra le mani uno Zibaldone di braidesità, un prontuario di ciò che siamo stati e, forse, almeno in parte, ancora siamo. |
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