Il giorno che un bue tirò più di cinquanta cavalli
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Maria Barbero ha ascoltato le storie di Bruno, il marito langhetto. E ne ha fatto tesoro, scrivendo un libro bellissimo. Racconti "per sentito dire" che narrano le vicende del mondo contadino, un mondo ancora "pieno" di vita animale, ma già con un piede sul trattore e la mietitrebbia.
Uomini, bestie, macchine convivono in questi meravigliosi intrecci di esistenze sempre vere, sincere, profonde. Un omaggio agli antenati che vissero, faticando, una vita spesso non voluta, ma sempre con dignità. Quarta di copertinaCon un'agilità insospettabile in quella mole, camminando sul ciglio della stradina, il bue passò a fianco della trebbiatrice, poi del trattore che, frenato, sbuffava spostando l'aria ad ogni colpo, e pazientemente lasciò che i padroni con le catene collegassero nel modo opportuno il suo giogo al gancio anteriore del trattore.Gondìn restava seduto al volante badando che il motore non si spegnesse, con una mano sulla leva del freno; Mario e i pajarìn erano pronti a far leva sulle barre per aiutare il minimo accenno di moto delle ruote della trebbiatrice. Bruno trovò per sè un compito di grande responsabilità: si collocò prudentemente a lato del bue per guidarlo a mano, intanto con la voce e muovendo la corda legata alle corna, lo incitò a procedere. La bestia, obbediente, avvezza al suo compito, si dispose a compierlo, ma subito dovette rendersi conto del peso eccezionale: si riposizionò, puntò le zampe anteriori che sembrarono tremare ed arcuarsi nello sforzo, abbassò la testa con il muso vicino a terra e il suo profilo da montone assunse l'aria dell'ostinazione mentre i muscoli del collo si gonfiavano. Bruno ebbe paura che nello sforzo violento potesse farsi male, allora con un bastonacino prese a battergli leggermente sulle corna, come per dirgli: "Amico, fai forza sì, ma procedi adagio!". Ancora adesso è convinto che il moton l'abbia capito; certo è che, dopo qualche istante di stallo, il corpo del bue guadagnò qualche centimetro, tanto che la bestia sentì di poter portare avanti una zampa, poi l'altra, perchè il traino si stava muovendo. Gondìn fu abile a secondare lo spunto prodotto dal bue e poi a trovare la marcia giusta per seguirne il moto, lento sì, ma tale da evitare slittamenti; così, pian piano, lo strano treno arrivò alla provinciale, dove il trattore con qualche scoppio ravvicinato potè di nuovo cantare la forza del progresso. Indice testualeQuasi un'introduzioneLe mie Langhe Vite minime Sotto il cielo delle Langhe La volta che un bue tirò più di cinquanta cavalli Nebbie Vino, masche e trifolao Notturno Pippo Gita scolastica Aradio e amoto Adelaide e il corazziere "Amor dammi quel fazzolettino..." Ferragosto a o Srej Sanghe latino Il ponte sull'oceano Storie di valle e d'amicizia All'indietro nel tempo Cacciatori in trappola C'è chi sa comandare alle masche.. Saper l'inglese aiuta, ma non abbastanza ..ogni guerra è una guerra civile Il padre di Pietro "Quei colpi me li sento ancora qui ombra e luce Fuori tema A che serve il gatto? Conclusioni, provvisorie, tra me e me Biografia dell'autoreMaria Barbero è nata a Bra (CN) il 2 gennaio 1950.Dall'autunno del 1952 al 31 agosto del 2007 è vissuta tra i banchi di scuola, prima da una parte della barricata e poi dall'altra, cercando di procurare il minor danno possibile. E' sposata con Bruno, il primo e maggior responsabile dei racconti contenuti in questo libro; ha una figlia, Sara, che, con suo marito Marco, si sforza di spiegarle quanto è cambiato il mondo. Mino, il gatto di famiglia, si accontenta di trovare piena la sua ciotola. Vive d'estate a Neive, paese natale di Bruno, e nel resto dell'anno a Torino, provando ad impiegare il tempo in occupazioni diverse, convinta di avere sempre molto da imparare, ma finalmente libera dal dovere di dimostrare ad altri i suoi progressi. Questa è la sua prima prova nell'arte, non facile, di scrivere "per sentito".
Con un'agilità insospettabile in quella mole, camminando sul ciglio della stradina, il bue passò a fianco della trebbiatrice, poi del trattore che, frenato, sbuffava spostando l'aria ad ogni colpo, e pazientemente lasciò che i padroni con le catene collegassero nel modo opportuno il suo giogo al gancio anteriore del trattore.
Gondìn restava seduto al volante badando che il motore non si spegnesse, con una mano sulla leva del freno; Mario e i pajarìn erano pronti a far leva sulle barre per aiutare il minimo accenno di moto delle ruote della trebbiatrice. Bruno trovò per sè un compito di grande responsabilità: si collocò prudentemente a lato del bue per guidarlo a mano, intanto con la voce e muovendo la corda legata alle corna, lo incitò a procedere. La bestia, obbediente, avvezza al suo compito, si dispose a compierlo, ma subito dovette rendersi conto del peso eccezionale: si riposizionò, puntò le zampe anteriori che sembrarono tremare ed arcuarsi nello sforzo, abbassò la testa con il muso vicino a terra e il suo profilo da montone assunse l'aria dell'ostinazione mentre i muscoli del collo si gonfiavano. Bruno ebbe paura che nello sforzo violento potesse farsi male, allora con un bastonacino prese a battergli leggermente sulle corna, come per dirgli: "Amico, fai forza sì, ma procedi adagio!". Ancora adesso è convinto che il moton l'abbia capito; certo è che, dopo qualche istante di stallo, il corpo del bue guadagnò qualche centimetro, tanto che la bestia sentì di poter portare avanti una zampa, poi l'altra, perchè il traino si stava muovendo. Gondìn fu abile a secondare lo spunto prodotto dal bue e poi a trovare la marcia giusta per seguirne il moto, lento sì, ma tale da evitare slittamenti; così, pian piano, lo strano treno arrivò alla provinciale, dove il trattore con qualche scoppio ravvicinato potè di nuovo cantare la forza del progresso. |
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