"Lo aspetto ancora con disperata speranza"
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Le guerre le combattono gli uomini. Al fronte, imbracciando le armi. I soldati muoiono, vengono fatti prigionieri. Nella seconda guerra mondiale subiscono anche indicibili torture. Ma non sono gli unici a patire il dolore di un conflitto. Perchè c'è anche chi rimane a casa. Ed è la guerra delle donne: che soffrono per la partenza di mariti, padri e figli, devono gestire la casa con un minimo di risorse, debbono occuparsi dei genitori anziani di entrambi, talvolta hanno un'attività di famiglia da portare avanti. E, mentre i loro uomini vivono i drammi fra le sabbie di El Alamein o nei ghiacci del Don, fanno tutto questo ricacciando le lacrime in uno scompartimento nascosto del cuore. Perchè la priorità sono i bambini, che spesso il loro papà neppure l'hanno mai visto, e il dolore è un fatto strettamente privato. Sono le storie, per esempio, di Milly, che per settant'anni aspetta, invano, il ritorno del suo Ennio, con la chiave nella porta. Oppure quella di Romana, per tutta la vita addolorata e tormentata dall'assenza del papà. O della mamma di Renè, che non arriva in tempo a salvare il figlio. Racconti di madri, mogli, figli. Presente e memorie che si fondono. E, sullo sfondo, una parola terribile, forse peggiore persino di "morto": DISPERSO.
Quarta di copertina"La battaglia conclusiva, il 26 gennaio 1943, è a Nikolajewka. Moltissimi vengono fatti prigionieri e costretti a camminare in condizioni disumane verso i campi di prigionia: la "Marcia del Davaj",che in russo significa "Avanti". Almeno altri trentamila soldati italiani muooiono durante iil cammino"."Qualcuno mi ha detto di averlo visto nella ritirata, ma nessuno ha saputo dirmi quale fine abbia fatto. Anche se tutte le ricerche hanno dato esito negativo, lo aspetto ancora con disperata speranza". "Il giorno del funerale di nonna nevicava: era mio nonno Ennio che tornava, dalle fredde e nevose steppe della Russia, per riprendere la sua sposa e portarla con sè, per sempre...La loro lunga attesa si era finalmente compiuta". "Quel volto era rimasto giovane - scrive la figlia - , mentre avrei voluto poterlo vedere ricoprirsi, a mano a mano, di una sottile ragnatela di rughe. Come avrei amato quelle rughe, che avrebbero indicato il tempo che aveva trascorso con me. Papà, sono diventata donna, moglie e madre sempre senza di te". Indice testualeIntroduzionePerche la guerra delle donne In Russia La guerra delle donne "Scrivimi" Dispersi La vita a Ceva durante la guerra "Milly mia carissima" La sopravvivenza quotidiana "Al dolore di tutte le madri" "Un papà rubato e mai restituito Partì con la prima tradotta L'esonero di Renè Tota Pina L'ultimo sogno Bibliografia Biografia dell'autorePaola Scola, 48 anni, di Ceva, giornalista professionista e redattore del quotidiano "La Stampa", laureata in Lettere classiche (110/110) con una tesi in greco antico sulle "Omelie su San Giovanni" di San Giovanni Crisostomo. A lungo corrispondente prima per il settimanale "L'Unione monregalese" e poi (dal 1991) per "La Stampa", è profondamente legata al territorio. Ha vinto il Premio Igor Man con il quotidiano torinese per le ricerche sull'alluvione '94 e il 1° Premio "Castelgovone" a Finale Ligure per il libro "Eroi nel fango" (Araba Fenice, 2014). Per lo stesso editore ha pubblicato "In prima fila" (2015, terzo posto al Premio Priamar) e collaborato a "I racconti del treno" (2015).
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Lo aspetto ancora con disperata speranza a Cuneo
Ippogrifo Bookstore, il 11.04.2018alle ore 18.00, corso Nizza, 1, Cuneo
"La battaglia conclusiva, il 26 gennaio 1943, è a Nikolajewka. Moltissimi vengono fatti prigionieri e costretti a camminare in condizioni disumane verso i campi di prigionia: la "Marcia del Davaj",che in russo significa "Avanti". Almeno altri trentamila soldati italiani muooiono durante iil cammino".
"Qualcuno mi ha detto di averlo visto nella ritirata, ma nessuno ha saputo dirmi quale fine abbia fatto. Anche se tutte le ricerche hanno dato esito negativo, lo aspetto ancora con disperata speranza". "Il giorno del funerale di nonna nevicava: era mio nonno Ennio che tornava, dalle fredde e nevose steppe della Russia, per riprendere la sua sposa e portarla con sè, per sempre...La loro lunga attesa si era finalmente compiuta". "Quel volto era rimasto giovane - scrive la figlia - , mentre avrei voluto poterlo vedere ricoprirsi, a mano a mano, di una sottile ragnatela di rughe. Come avrei amato quelle rughe, che avrebbero indicato il tempo che aveva trascorso con me. Papà, sono diventata donna, moglie e madre sempre senza di te". |
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Prima di essere pubblicato, dovrà essere approvato dalla redazione.
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Ho rivissuto i racconti di mia nonna che fortunatamente ha sempre visto mio nonno tornare da Etiopia, Albania e Russia.
Una chicca da non perdere.
E grazie anche agli editori che fanno sì che queste memorie non vadano perse.