Filosofia della performance
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Il legame tra performance e macchina da presa ha realizzato quanto sintetizzato un tempo dal cineasta Akira Kurosawa, che vedeva il cinema come un contenitore che racchiude dentro di sé molte altre arti, dalla letteratura al teatro, con aspetti filosofici e attributi improntati alla pittura, alla scultura, alla musica. Detta tesi potrebbe spingerci quasi a sostenere che la performance art filmata potrebbe rappresentare, in un certo senso, la summa definitiva di ciò che si intende comunemente per prodotto cinematografico, nel suo essere a fortiori imperfetto e in divenire: dall’inglese to happen (accadere), appunto. Eppure, non è forse questo che rende l’esperienza filmica qualcosa di assolutamente unico e irripetibile, esattamente come la vita? I performer immortalati nell’atto di creare l’evento, di far succedere le cose, con gesti più o meno teatrali, più o meno eclatanti, giungono da mondi diversi, distanti per epoche e per geografia. E di essi Sergio Arecco propone alcuni significativi campioni, nella sua premessa al volume: ciò che li accomuna, oltre alla raccolta ragionata di opere off che andrete a gustare, sono i concetti cardine che muovono l’artista, lo sperimentatore, il folle, l’alternativo: ambizione, coraggio, curiosità dettata dalla volontà di scoperta e di sorpresa. Gli stessi stati d’animo e le medesime caratteristiche che muovono arabAFenice, l’editore della presente pubblicazione che, con la collana “Le parole dello spettacolo” (apertasi con Topolino fa 90 nel 2019), ha deciso di inaugurare un filone dedicato alla materia con grande assertività e notevole entusiasmo, desiderando con ciò rappresentare un complemento ideale e concettuale alla neonata Cineteca Sergio Arecco di Busca
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Prima di essere pubblicato, dovrà essere approvato dalla redazione.
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