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I congiurati della libertà

Scritto da Gerardo Mirarchi
Pubblicato Martedì 14 Luglio 2015, ore 9,13

Tra il 1789 e il 1815 s'affolla un'umanità eterogenea di impostori ed eroi. In Piemonte un manipolo di giacobini cerca di convincere Bonaparte ad abbandonare l’esilio dell'Elba per guidare l'unità italiana. Un bel libro di Massimo Novelli

1815. Un anno fatale per i destini politici dell’Europa. Il declino dell’età napoleonica e la conseguente Restaurazione sancita con il Congresso di Vienna, gli ideali e le speranze “libertarie” suscitate dal piccolo grande generale corso e dalle conseguenze della rivoluzione francese, tornano d’attualità grazie all’ultima fatica letteraria di Massimo Novelli I congiurati di Napoleone. Una serie di ritratti, che aiutano a mettere in luce aspetti inediti e personaggi spesso dimenticati di una pagina di storia che ha cambiato i destini di mezzo mondo. Come scrive Giulio Massobrio nella prefazione, in “questo libro straordinario” Novelli compie “un’operazione di grande valore storiografico, insieme attenta alle vite quotidiane e ai grandi motori della Storia”. Tra il 1789 e il 1815, l’anno della battaglia di Waterloo, s’affolla un’umanità eterogenea, giacobini e realisti, corsari e nobildonne, impostori ed eroi.

 

Al centro del libro ci sono i cosiddetti “congiurati di Napoleone”. Un gruppetto quasi clandestino di quattordici persone che, nel maggio 1814, scelsero proprio Torino per lanciare il proprio “grido di dolore”. L’intenzione era convincere lo stesso Bonaparte ad abbandonare l’esilio dell’isola d’Elba per riprendere il potere e guidare la riscossa degli ideali di libertà dal capoluogo piemontese, anticipando di qualche decennio, e sotto ben altre basi, l’unificazione nazionale.

 

Partendo dal declinare dell’epoca napoleonica, in realtà Novelli si sofferma su alcuni modelli (o archetipi direbbero quelli che parlano bene) di libertà. Esempi poco noti che non sono finiti sui libri di storia ufficiale o, quando ci sono finiti, sono ricordati per altri aspetti della loro vita. È il caso di Vittorio Alfieri. L’autore di tragedie come Saul o della Vita, viene colto nell’incontro con Carlo Emanuele IV di Savoia, costretto all’esilio in Toscana dai governi della Restaurazione, per le sue simpatie nei confronti degli ideali napoleonici.

 

Secondo il suo stile, presente in altre opere (dal profilo di Seborga alla ricostruzione della morte dell’ausiliaria Marilena Grill), la maggior parte degli episodi rivisitati da Novelli, riguardano episodi considerati “minori” dalla storiografia ufficiale. Non a caso il libro si apre raccontando gli aneliti di libertà di Joseph Chalier, rivoluzionario semisconosciuto nato in Valsusa, che, messi da parte gli abiti ecclesiastici, con il proprio credo, incendiò le folle del Regno di Napoli e di altre città come Genova, Firenze e Roma, prima di morire ghigliottinato a Lione.

 

Storie e vite che si concentrano soprattutto su Torino e sul Piemonte, territorio mosso da aspirazioni di libertà che contrastano con lo spirito della Restaurazione. Storie di ideali. A volte avverati, molto più spesso delusi. E così, nel corso della lettura può capitare di imbattersi nelle figure più disparate. Dai nobili illuminati, pieni di fervore giacobino e ricordati come “amici del popolo”, all’ammiraglio dei corsari del Re Di Sardegna. Il tono del racconto di Novelli è preciso e ricco di spunti, come nelle minuziose cronache medioevali fiorentine, ma allo stesso tempo sa avvincere e affascinare. Il risultato di questi racconti è una piccola storia della libertà nel Nord Ovest di un’Italia non ancora unita.

 

Il libro verrà presentato mercoledì 15 luglio, ore 18, alla Bocciofila Crimea (Torino, Corso Moncalieri 74) con l’autore interverrà Giulio Massobrio, romanziere e storico

 

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