Descrizione
Storie di donne e uomini nella campagna piemontese, tra gli anni del fascismo e il dopoguerra: il lavoro, le tradizioni, la famiglia. E poi la guerra, e una nuova vita nella grande città.
Un ritratto di un’Italia a volte ingenua, sempre coraggiosa, con i piedi ben “piantati” nelle terre dei peschi e delle vigne, ma con la certezza di un futuro diverso, forse miglior
Un ritratto di un’Italia a volte ingenua, sempre coraggiosa, con i piedi ben “piantati” nelle terre dei peschi e delle vigne, ma con la certezza di un futuro diverso, forse miglior
Quel giorno Minot tornò dalla vigna più presto del solito.
Allungò il passo quando, là in fondo alla strada che portava verso casa, vide Rina, la sua prima figlia, che gli correva incontro.
“Pà, sta per nascere”.
Rina era già una ragazza, capiva la preoccupazione del papà.
Sua moglie Caterina non aveva avuto il dono della salute e, da qualche tempo, il suo viso appariva più scavato del solito.
Quest’altro figlio sarebbe stato una provvidenza come lo erano stati gli altri quattro, Rina (si chiamava come la mamma), Domenica detta Michina, Antonio detto Tunin e il piccolo Giovanni detto Vani.
“Non aver paura, Pà. Questa mattina abbiamo pregato tutti insieme e Tunin ha portato un ramo di pesco fiorito alla Madonna degli Airali. È già da noi la Zia Ginota e anche quella donna che ci ha aiutato a nascere tutti”.
Minot sorrise, per un attimo mise la sua mano callosa sulla spalla della figlia. Percepì la sua magrezza.
Rina era cresciuta troppo in fretta, già consapevole del suo ruolo di primogenita all’interno della famiglia. Minot si rese conto, provando per questo una stretta al cuore, di come quelle spalle così magre avrebbero retto il peso di tutta la casa, mentre mamma Caterina avrebbe speso le sue poche forze nel crescere quel figlio che stava per nascere.
Allungò il passo quando, là in fondo alla strada che portava verso casa, vide Rina, la sua prima figlia, che gli correva incontro.
“Pà, sta per nascere”.
Rina era già una ragazza, capiva la preoccupazione del papà.
Sua moglie Caterina non aveva avuto il dono della salute e, da qualche tempo, il suo viso appariva più scavato del solito.
Quest’altro figlio sarebbe stato una provvidenza come lo erano stati gli altri quattro, Rina (si chiamava come la mamma), Domenica detta Michina, Antonio detto Tunin e il piccolo Giovanni detto Vani.
“Non aver paura, Pà. Questa mattina abbiamo pregato tutti insieme e Tunin ha portato un ramo di pesco fiorito alla Madonna degli Airali. È già da noi la Zia Ginota e anche quella donna che ci ha aiutato a nascere tutti”.
Minot sorrise, per un attimo mise la sua mano callosa sulla spalla della figlia. Percepì la sua magrezza.
Rina era cresciuta troppo in fretta, già consapevole del suo ruolo di primogenita all’interno della famiglia. Minot si rese conto, provando per questo una stretta al cuore, di come quelle spalle così magre avrebbero retto il peso di tutta la casa, mentre mamma Caterina avrebbe speso le sue poche forze nel crescere quel figlio che stava per nascere.