Descrizione
La comunità terapeutica, il centro diurno, la residenza sanitaria, il territorio, l'ospedale civile, la legge 180, il manicomio: un medico ultraottantenne racconta sessant'anni delle vicende umane di pazienti e terapeuti che ne sono stati vittime o protagonisti.
Non è un romanzo: fatti, tempi e persone sono veri. Non è un'analisi dottrinale, ma una testimonianza di vita vissuta.
Un periodo di profonda trasformazione sociale e sanitaria viene presentato in modo fedele, così da contribuire alla conoscenza e al giudizio di persone che desiderino saperne di più: studenti universitari, giovani psichiatri, psicologi, infermieri, assistenti sociali, educatori, utenti di servizi di salute mentale e loro familiari; ma anche, semplicemente, persone interessate ai problemi sociali della nazione in cui vivono.
La psichiatria come missione esistenziale per chi vi ha lavorato ma anche come specchio dei mutamenti sociali e culturali che hanno attraversato il nostro paese nell'ultimo mezzo secolo: la gerarchia ottusa e immobile dei manicomi, il sogno libertario di un'intera generazione, il riconoscimento della dignità e del valore della diversità, l'utopia di un mondo senza sofferenza, l'impatto degli entusiasmi con la realtà, le frustrazioni e le tentazioni di un ritorno al passato, il rifiuto di una resa e un nuovo sforzo di coniugare pragmatismo, ideali e valori.
L'atteggiamento della società verso "i matti" è stato, negli ultimi cinquant'anni, metafora dei fermenti e dei cambiamenti che l'hanno attraversata.
L'autore ci accompagna nel passaggio dalla segregazione manicomiale all'odierna organizzazione della psichiatria con tratto garbato e profonda onestà intellettuale.
Non è un romanzo: fatti, tempi e persone sono veri. Non è un'analisi dottrinale, ma una testimonianza di vita vissuta.
Un periodo di profonda trasformazione sociale e sanitaria viene presentato in modo fedele, così da contribuire alla conoscenza e al giudizio di persone che desiderino saperne di più: studenti universitari, giovani psichiatri, psicologi, infermieri, assistenti sociali, educatori, utenti di servizi di salute mentale e loro familiari; ma anche, semplicemente, persone interessate ai problemi sociali della nazione in cui vivono.
La psichiatria come missione esistenziale per chi vi ha lavorato ma anche come specchio dei mutamenti sociali e culturali che hanno attraversato il nostro paese nell'ultimo mezzo secolo: la gerarchia ottusa e immobile dei manicomi, il sogno libertario di un'intera generazione, il riconoscimento della dignità e del valore della diversità, l'utopia di un mondo senza sofferenza, l'impatto degli entusiasmi con la realtà, le frustrazioni e le tentazioni di un ritorno al passato, il rifiuto di una resa e un nuovo sforzo di coniugare pragmatismo, ideali e valori.
L'atteggiamento della società verso "i matti" è stato, negli ultimi cinquant'anni, metafora dei fermenti e dei cambiamenti che l'hanno attraversata.
L'autore ci accompagna nel passaggio dalla segregazione manicomiale all'odierna organizzazione della psichiatria con tratto garbato e profonda onestà intellettuale.