Descrizione
Nelle quasi quattro appassionate decadi di Sindaco di Bergolo e dintorni, il consiglio comunale ovvero altre sedi istituzionali, lo hanno sempre visto uomo politico appassionato, accattivante. […] Altrettanto piglio, il Sindaco Vola l’ha usato in quella meravigliosa stagione che ha portato a Bergolo il meglio della cultura musicale italiana e non solo che ha ruotato attorno a lui, alla sua passione, al suo attivismo, (Cantè Magg, rassegna di musica trasversale, ha fatto epoca)…
Mio papà Ermelo e mia mamma Delfina avevano due figli. Poi più avanti ne avrebbero avuto un terzo, che non mutò il piano che nel frattempo s’erano fatti. La loro piccola cascina poteva dar sostentamento a una sola famiglia, per cui uno poteva fermarsi là, mentre l’altro doveva essere avviato ad altro mestiere.
Fui scelto io, di minor buon comando nei campi e che a scuola me la cavavo discretamente. Finite le elementari fui quindi mandato in seminario per continuare gli studi.
Avevo undici anni e lì per lì sembrava che avrei potuto anche farmi prete, dato che così avevo sempre risposto ogni volta che mi era stato chiesto cosa volessi fare da grande. Ma la mia non era propriamente vocazione, avevo mie personali motivazioni.
La prima: i preti non facevano il soldato.
La seconda: il parroco era l’unico del paese ad avere un orologio al polso.
La terza: quando io, mio fratello più grande e mio padre partivamo per i campi, il parroco passeggiava all’ombra dei tigli col tricorno in testa e un fazzoletto bianco che gli partiva dal collo e gli scendeva giù fino ai fianchi. Tutte idilliache visioni per me ragazzino, rispetto al mondo contadino in cui vivevo.
È ormai acquisito però, che non mi feci prete.
Mio papà Ermelo e mia mamma Delfina avevano due figli. Poi più avanti ne avrebbero avuto un terzo, che non mutò il piano che nel frattempo s’erano fatti. La loro piccola cascina poteva dar sostentamento a una sola famiglia, per cui uno poteva fermarsi là, mentre l’altro doveva essere avviato ad altro mestiere.
Fui scelto io, di minor buon comando nei campi e che a scuola me la cavavo discretamente. Finite le elementari fui quindi mandato in seminario per continuare gli studi.
Avevo undici anni e lì per lì sembrava che avrei potuto anche farmi prete, dato che così avevo sempre risposto ogni volta che mi era stato chiesto cosa volessi fare da grande. Ma la mia non era propriamente vocazione, avevo mie personali motivazioni.
La prima: i preti non facevano il soldato.
La seconda: il parroco era l’unico del paese ad avere un orologio al polso.
La terza: quando io, mio fratello più grande e mio padre partivamo per i campi, il parroco passeggiava all’ombra dei tigli col tricorno in testa e un fazzoletto bianco che gli partiva dal collo e gli scendeva giù fino ai fianchi. Tutte idilliache visioni per me ragazzino, rispetto al mondo contadino in cui vivevo.
È ormai acquisito però, che non mi feci prete.