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La vita guarita

Sgarbugliando il gomitolo

Descrizione

La vita guarita. Sgarbugliando il gomitolo… di Enza Prunotto è il quinto libro della Collana Tracce di benessere ricombinate… (tbr), ideata e diretta da Daniela Gariglio e illustrata da Albertina Bollati. Il libro, introdotto dal disegno e spiegazione di Bollati, è accompagnato da una Prefazione di Gariglio, una Postfazione di Luciana La Stella e quattro Commenti di Enzo Demarchi, Alessandra Re, Matteo Riccò e Gerolamo Sirena. Prunotto introduce alla lettura dei suoi 4 Gomitoli, qui, “metafora di ingarbugliamenti e relativi snodi”, concludendo la presentazione dell’opera con un’apertura alla relazione e alla condivisione territoriale di “Progetti” di un’Associazione culturale che oggi allestisce “mostre di pittura e presentazione libri” dove la “Bellezza” è diventata naturale protagonista di vita e arte, accompagnata dall’affetto.
“Il titolo La vita guarita può apparire pretenzioso, ne dice l’Autrice, ma l’ha scelto per me l’inconscio, in un sogno”, mentre il sottotitolo, Sgarbugliando il gomitolo, descrive ciò che è successo per arrivare alla “guarigione”. Qui, protagonista è la trasformazione di percorsi “dal malessere alla gioia”, essendosi rielaborata, nel corso della vita, una esperienza di Micropsicoanalisi approfondita, che aveva riattraversato tracce traumatiche e di benessere onto-filogenetiche che, ricombinatesi, hanno dato luogo ad una nuova, gratificante percezione del mondo, come nello spirito di questa Collana. Oggi, Prunotto ne scrive: “Ci vogliono mani lunghissime e la forza di scavare, per riportare alla luce quelle radici profonde che hanno condizionato la propria vita”, ma la trasformazione, data dal lavoro analitico sedimentato, è ormai attivata, tutto è in mutazione, anche i ricordi dolenti. Così, dal grado di benessere raggiunto e stabilizzato, viene alla luce una creatività che non si ferma all’arte come rappresentazione ma si è imposta come “arte del vivere”. E allora, spiega Prunotto, dove “problemi e soluzioni si presentano insieme, ogni scelta corrisponde alla libertà di essere se stessi. Questa traccia, insieme alla gratitudine in cui vivo, penso sia la migliore eredità che io possa lasciare”.

Daniela Gariglio, psicoanalista scrittrice, Membro Didatta della Società Internazionale di Micropsicoanalisi SIM e Istituto Italiano IIM, vive a Torino. Psicologa Psicoterapeuta (già Insegnante di Lettere e Docente-formatrice in Specializzazioni Ministeriali), si è formata clinicamente, in ambito sperimentale e psicoanalitico di gruppo (Psicodramma lemoniano/lacaniano-junghiano) e individuale. Ha al suo attivo una produzione di narrativa e poesia, di impronta micropsicoanalitica, presente in Antologie e Dizionari (Helicon). Studiosa della creatività e degli aspetti di resilienza e benessere, ne ha fatto oggetto di lavoro e divulgazione scientifica in Convegni, Interventi (IIM, Opifer, Centro Camuno di Arte preistorica, Arte e Psicologia IAAPs, Docenza e Supervisione in Master russi di Micropsicoanalisi - 2016-2023 - e italiani), Iniziative varie e articoli (Psicoanalisi e Scienza, Anamorphosis, sito IIM etc.). Ha ideato e diretto la Collana di Narrativa micropsicoanalitica e Creatività postanalitica, I Nuovi Tentativi (Tirrenia Stampatori) e, dal 2017, la Collana Tracce di benessere ricombinate... con grafica di Albertina Bollati (Araba Fenice). Si rimanda alla sua bibliografia nel sito IIM- Membri dell’IIM, https://www.micropsicoanalisi.it/bibliografia-della-dott-ssa-daniela-gariglio/. La partecipazione di Gariglio al dibattito psicoanalitico contemporaneo mostra che ragione e sentimento, esprimibili nella cultura scientifica e umanistica, possono integrarsi creativamente.

Albertina Bollati vive a Torino. Ha disegnato loghi e copertine. Ha illustrato varie raccolte di poesie tra cui Palazzo di Giustizia e umanità limitrofe di Paolo Berti e Mario Napoli (Paola Caramella ed. 2007); Angeli e Incerto Confine di Stefano Vitale (disegnodiverso, Paola Gribaudo, 2013 e 2019); i saggi editi da ed. Araba Fenice usciti nella collana TBR e curati da Daniela Gariglio (2017 e segg); il romanzo Tango rosso di Maria Antonietta Macciocu (Golem ed. 2018) e Dieci racconti di Pretura di Mario Napoli (Graphot ed. 2022). Due le esposizioni di sue opere ad Arezzo e a Roma: Infinita Luna nel 2019 e Per Incantamento nel 2021.

Enza Prunotto

E' nata il 31 Marzo 1948 a Costigliole d’Asti dove si è ritrasferita definitivamente con il marito Carlo Bulgarelli, dopo una permanenza durata cinquant’anni a Torino. Prunotto (https://enzaprunotto.wordpress.com/) si dedica alla ricerca artistica assecondando la passione per disegno e pittura. Diplomata al Liceo Artistico e abilitata all’insegnamento, frequenta l’Accademia come allieva del pittore Giacomo Soffiantino e dello scultore Giovanni Paganin. Approfondisce lo studio dell’incisione col Prof. Vincenzo Gatti e si specializza in grafica e fotografia con pubblicazione di disegni su libri scolastici per le scuole medie. (“Creatività ed espressione” tre edizioni, M. C. Prette 1977, 1978 e 1979 ed. Giunti e Barbera), insegnando anche disegno e pittura in scuole statali torinesi e in un Liceo Artistico privato. Tiene corsi di tromp-l’oeil al Liceo Artistico statale di Torino. Dal 1978, per molti anni, gestisce un laboratorio d’arte applicata, realizzando tromp-l’oeil e decorazioni in negozi, abitazione, chiese, con tecniche antiche e moderne e alcuni lavori pubblicati su riviste di arredamento, anni ‘80 e ‘90: AD / CASA AMICA / 100 CUCINE / CASE AL MARE / PAVIMENTI ecc. Recentemente, scopre nella propria famiglia l’esistenza di Pietra Caterina Borio che svolse, nel 1600, la sua stessa attività in chiese piemontesi. Nel centro storico del paese, nel 2021, Prunotto apre una Galleria d’arte (https://enzaprunotto.wordpress.com/eventi-mostre/), mettendo a disposizione dell’Associazione A.P.S. Costigliole Cultura (Presidente Filippo Romagnolo) la casa dei genitori (abitata per 40 anni) e gli arredi. In La vita guarita, rilevando un non comune talento anche di scrittura, elabora e riflette in merito ad un suo approfondito lavoro psicoanalitico con indagine onto-filogenetica.

Leggere la Vita guarita dona gratitudine e speranza.
È un libro di incontri, l’incontro di Enza Prunotto con sé stessa e la propria storia, l’incontro con la realtà e le sue possibilità. Incontri resi possibili da una relazione terapeutico-psicoanalitica, incontro mediato dalla Micropsicoanalisi, ma soprattutto incontro tra i rispettivi inconsci, ricco di doni e di vita per entrambi i soggetti.
La prima volta che ho incontrato Enza Prunotto è stato nel 2010. Avevo curato per l’IAAP, International Association for Art and Psychology, una serata pubblica sul tema “Percorsi di elaborazione del lutto tra Arte e Vita”.
Daniela Gariglio aveva presentato una relazione dal titolo “Tracce di benessere e trasformazione creativa: un esempio di elaborazione del lutto in un iter pittorico.” L’iter pittorico era quello di Enza Prunotto e ricordo ancora le tele in cui, come dal vuoto o dal dipanarsi di una fitta nebbia emergono parti di persona.
Successivamente incontrando Daniela Gariglio nel suo studio ho scoperto che anche lei era una pittrice, non solo una psicoterapeuta e una teorica della Micropsicoanalisi di cui è didatta. In quella occasione abbiamo parlato dei quadri appesi alle pareti del suo studio espressione del suo modo di interrogare l’inconscio e di portare alla luce stati emotivi profondi, aspetti relazionali inconsci con chi si forma con lei. Nel tempo ho potuto anche leggere un suo romanzo e sue poesie, rincontrarla attraverso la Collana “Tracce di benessere ricombinate” da lei ideata e diretta.
La “Vita guarita” è un lungo percorso, da una posizione di chiusura e di sofferenza, all’apertura e alla condivisione attraverso, usando il linguaggio della Micropsicoanalisi come ne parla Daniela Gariglio, il recupero di memorie traumatiche e di tracce di benessere e la loro elaborazione ricombinata.
Un libro in movimento, pieno di ricordi, racconti, poesie, disegni, pitture, che nel loro assieme rappresentano il liberarsi della creatività personale, un processo trasformativo che si fa dono di sé agli altri.
La lettura del libro è un lasciarsi prendere per mano da Enza Prunotto ed essere accompagnati nel profondo. Ognuno porta in sé fili spezzati, attorcigliati, annodati tra loro da “sgarbugliare” per comporre gomitoli ordinati, utili per tessere nuova vita, come ben illustrato nell’immagine di copertina di Albertina Bollati, illustratrice della Collana. Mi sono ritrovato bambino quando mia madre mi chiedeva aiuto per riordinare il filo di lana con cui avrebbe poi fatto dei caldi maglioni, donandomi affetto, direzione, progettualità, riconoscimento, benessere.
Il libro è diviso in quattro sezioni chiamate gomitoli.
La prima sezione che si chiama “Gli Inizi,” parla dell’eco della mente bambina e del percorso di analisi, con una approfondita narrazione del “Tentativo” .
L’eco della mente bambina è un’eco dolorosa in cui “Il sentire è tanto e le parole troppo poche, misere espressioni che non combaciano mai con i sentimenti”, in cui il vivere è difficile: “invento che tutto andrà bene e vado avanti come una zoppa nel cuore, orfana delle parole” e non si vorrebbe “sentire più questo peso sul cuore perché sbaglio sempre ogni cosa”. Il sonno è ricordato denso di pericoli: “Non voglio dormire, perché so cosa significa cadere in un vuoto buio dove si affoga d’aria senza potere respirare. … ogni sera vengo trascinata in quel posto oscuro dove i morti mi aspettano e vogliono toccarmi”.
Per fortuna ci sono gli alberi, gli animali, la natura, un “essere” che precede il dire. “Oggi piove. … mi piace la pioggia, mi bagno la testa e i capelli, le gocce che scendono sulle spalle mi tolgono tutti i pensieri, la mia mente si libera del peso dolente e dentro non resta più niente. Pesante di pioggia divento leggera”.
Per fortuna ci sono le matite e i colori, fogli bianchi su cui riportare ciò che attira la sua attenzione: “la mano disegna da sola ciò che gli occhi vedono”, in una possibilità di unisono.
Massima distensione è essere pietra: “Quando sono pietra non ho bisogno di colore, né di pennelli per dipingere il sole, né di rugiada, né di parole, quando sono pietra, sono”.
Profondo è un desiderio di rinascita che trova piena espressione in queste parole: “Rinascere nuova di vita e di ricordi. Ci vorranno mille anni di ruscelli mattutini a ridarmi la freschezza e dell’integrità. Mi dovrò arrampicare sulla catena di quel pozzo, quella catena che, dal fondo della paura, riporta su al respiro del chiaro di luna”.
L’inizio dell’analisi in età matura non porta solo quest’eco. Lentamente emergono antichi traumi familiari, le loro tracce profonde in lei, l’angoscia di morte che le accompagna e che hanno fatto della sua vita una morte attesa, una vita sospesa. Tracce cariche di energia che trovano espressione nelle parole e nella loro assenza, nei sogni, nei pensieri, nel rapporto con la vita, tracce fonte di ripetizione coatte, “immagine” di ciò che pur non saputo è stato. Poterle riconoscere, poter sentirsi finalmente riconosciuta nella sua storia dall’analista, poterne scioglierne l’energia nel pianto, aprono a un nuovo benessere, a nuove possibilità e aiutano a ricollocarsi nel proprio tempo: “Il brutto di andare avanti e indietro nel tempo è che non sai mai se le cose sono successe o devono ancora accadere”.
Un pianto che la lascia come convalescente, ma che apre a nuove percezioni, a nuove possibilità.
Ricorda con piacere i temporali “quando pareva che il cielo si lacerasse e l’odore pungente di ozono impregnava l’aria, lei sentiva un ritorno alla distensione come se la natura prendesse in carico, con quella turbolenza, il compito di ritrovare l’armonia anche dentro di lei. Come un pianto lungo trattenuto che finalmente si scioglie … come un pianto in analisi”.
Emergono lasciti importanti, una genealogia segnata da artisti, persone amanti del disegno, della pittura, del restauro, e il filo della vita nelle campagne, una natura che sempre si riprende dopo ogni tempesta, il prendersi cura della terra, il sapere attendere, il gioire dei raccolti e dello scambio dei frutti.
Mi viene alla mente una mia poesia che condivido con piacere:

Foglie strappate,
la tempesta.
L’albero,
gocce di pianto.
Semi sparsi,
attesa.
La vita,
continua sorpresa.

I fatti della vita riprendono senso: i silenzi dolorosi, le ripetizioni coatte, i corpi femminili lividi e sofferenti di tante sue tele passate, l’amore per le matite, i pennelli, i colori, quadri dipinti dall’analista, “Energia sottratta ai nuclei di sofferenza, messi poi a servizio della creatività”. Tutto questo fa emergere un desiderio di nuovo.
Il vuoto prima sentito come precipizio, ora diventa “fonte” e si esprime in una serie di quadri che chiama “Frammenti di corpi in formazione”, giochi di luci e di ombre che, nello stesso tempo, mostrano e velano frammenti di corpi di donne. È “come la raccolta di un frutto maturo e, insieme, lo schiudersi di un seme sotto la terra, per dare inizio a nuova vita e nuovo significato”, “gioia profondamente intima di chi ha rincontrato, dopo tanto tempo, la famiglia originaria”.
La seconda sezione viene chiamata la “Vita gentile”.
Con il graduale ritrarsi del dolore emergono racconti sereni e parallelamente nelle opere pittoriche i corpi si fanno più definiti e l’energia prende corpo nell’uso dei colori. Qua e là occorre ancora sgarbugliare fili, ma è ora possibile portare avanti una tessitura creativa.
L’autrice riporta a questo proposito: “Quando l’anima diventa un mare calmo, allora inizia la guarigione”, citazione di parole attribuite allo scienziato Nicola Tesla.
Emerge una nuova posizione mentale che Enza Prunotto descrive come “Una collocazione allargata dove lasciarmi vivere con gioia la mollezza di un momento pigro. […] Una posizione nuova per cambiare gli eventi e rendere possibile che qualcosa di nuovo accada”.
È in questa posizione che gradualmente emerge la consapevolezza che “la vita va da sola” e che ciò che è più importante non è cambiarla, ma viverla.
Nel periodo del Covid, ringraziando i suoi 72 anni, scrive: “Dare significato e sacralità ai gesti consueti è, per me, rendere omaggio a chi sta soffrendo fisicamente e psicologicamente” […] “Il sacro di una preghiera laica scaturisce dalla calma di un’azione ordinaria: lavare i piatti, cucinare, fare pulizia. Così, per me, le giornate scorrono nella gratitudine, perché mi sento molto, ma molto, fortunata”.
Lo sguardo si è fatto ampio: “Differenti epoche convivono e oggi, nella mia vecchiaia, le posso contemplare e riconoscere, accogliendo senza giudizio e con gratitudine ogni avvenimento come fautore del mio evolvere, come fautore del mio essere ora così come sono”.
Lo sguardo ha assunto una dimensione sapienziale, ogni epoca, ogni cosa, una semplice formica, comprende il Tutto, e diventa “la risposta a tutte le domande quando il Vuoto creatore si manifesta e tutto l’universo con le sue rappresentazioni ritorna in nuce”.
La terza sezione del libro è stata chiamata “Progetti”.
Enza Prunotto, vissuto il suo “momento pigro”, ha deciso di trasformare la casa avita in una Galleria d’Arte, di invitare amici artisti, di fare nascere con essi una Associazione.
In questa sezione sono raccolte le recensioni d’artista da lei scritte in occasione delle mostre e vengono proposti vari loro quadri.
Sensibilità e profondità caratterizzano le recensioni che oltre a cogliere le differenti sensibilità, aiutano ancor di più a cogliere il suo saper trasmettere, partendo dalla conoscenza degli artisti e delle loro opere e dal suo percorso personale, affetti, emozioni, vicinanza. Ogni recensione diviene contatto con il Tutto.
Uso liberamente le parole e brani delle recensioni, come tessere di un mosaico in divenire.
“La quotidianità che nasconde preziosi segreti, la luce dentro frutto di una evoluzione spirituale, le geometrie del silenzio che chiamano all’ascolto, donne che rivendicano il diritto di essere quelle che sono mostrando l’anima, il ritrovamento dell’integrità dell’infanzia, un mettere gli ingredienti e un lasciarsi inspirare, una profondità che svela l’essenza, materia che non è solo reale, metafora dell’accogliere e del plasmare, del ridiscendere nel ventre terroso e lì germogliare, vuoti dove si accalcano cose, creazioni volute, cercate, raggiunte, ritmate, paesaggi della coscienza, tavole dove analogia, ambivalenza e condensazione vivono liberamente, vincendo le inibizioni e allentando la tensione, apertura al gioco”.
La quarta sezione ha come titolo: “Bellezza”
Qui incontriamo Enza Prunotto nella pienezza della sua libertà espressiva, della sua creatività matura: acquarelli, acquarelli quasi astratti, raccolta di impressioni, di bagliori che illuminano le cose, poesie, poesie quasi Haiku, raccolta di vibrazioni dell’anima comunicate in modo breve, intenso, armonioso.
Riporto qui una poesia e una poesia quasi Haiku, rimando al libro per le immagini.


Per te
Affondo le mani nella terra bruna
per non sentire il tuo dolore.
Semino amore
perché la mia impotenza
diventi fiore.

Haiku
Spoglia di me
scintille vibrano
nel Vuoto.

Gli acquarelli quasi astratti mi hanno portato a scattare alcune immagini fotografiche di bagliori e di ombre e nelle poesie ho ritrovato un mio modo di trasformare dolore e gioia in vibrazioni comunicabili a chi è disposto a sentire.
L’ultima breve sezione: “Considerazioni finali”.
Ne riprendo l’incipit e due brevi note.
“La realizzazione del desiderio, per me è il contrario della situazione di lutto, quando tutto si presenta come un caotico ammasso, confuso, ingestibile, e il vuoto può apparire paradossalmente schiacciante. Sciolti i nodi, districati gli ingarbugliati affetti (con l’introspezione, l’analisi e la successiva capacità di autoanalisi), ogni tassello trova infine la sua collocazione (ogni cosa al suo posto) e la realtà diviene, non solo accettabile ma allettante, come una guida che conduce verso esperienze ambite”.
Enza Prunotto realizza il desiderio di una galleria d’arte, di “fare parte di un gruppo di lavoro in cui circolassero sentimenti di amicizia, stima e buonumore”, e tutto ciò porta ad altre realizzazioni.
Ella ci dice: “Considero tutte le mie realizzazioni, passate, presenti e future, come l’essenza del desiderio, mentre la forma che lo stesso ha assunto è molto differente da come l’avevo pensata, certamente più consona alla realtà”, e ancora: “Viene alla luce una creatività che non si ferma all’arte come rappresentazione (quadri, poesie, musica, ecc.), ma diventa un’arte del vivere, luogo dove problemi e soluzioni si presentano insieme (i contraria si uniscono)”.
L’Arte del vivere e il racconto di come la psicoanalisi l’ha aiutata a superare il suo malessere collegato a “l’inesprimibile genealogico”, situazioni traumatiche familiari, precedenti la propria nascita, sono pensati come la migliore eredità che lei possa lasciare al mondo.
Ho iniziato la mia recensione dicendo che leggere “La Vita guarita” dona gratitudine e speranza.
I racconti, le immagini, le riflessioni, hanno creato uno spazio di intimità, di affetto, di trasformazione, una spinta a sbrogliare fili ancora attorcigliati.
Un ringraziamento a Daniela Gariglio, direttrice della Collana “Tracce di benessere ricombinate” di cui fa parte anche questo volume, che mi ha invitato alla presentazione del libro in occasione del Salone del Libro di Torino 2024 e mi ha chiesto di unire una mia recensione alle altre recensioni da lei già raccolte. Con lei esiste da molto tempo un rapporto di intimità e affetto, essendo stata socia della Sezione piemontese della IAAPs, International Association for Art and Psychology , purtroppo ora disciolta, e avendo collaborato con me e gli altri componenti della stessa.
Un invito a leggere la sua Prefazione che introduce ai concetti fondamentali della teorizzazione micropsicoanalitica, da lei fortemente influenzata nel suo sviluppo con numerosi contributi.
La ringrazio anche per l’occasione datami di incontrare nuovamente Enza Prunotto e di venire a conoscenza del suo cammino negli anni.
Concludo con una poesia personale, emozioni e pensieri raccolti dopo una gita in montagna, che risuona con il sentire profondo di Enza:

Un bagno di colori,
verdi, giallo, viola,
azzurro e bianco
tingono il cielo,
sassi e terra
baciano i piedi,
dolce calore
il sole.
Infinitamente piccolo
assaporo
vita eterna.

Dott. Marcello Pedretti, medico psicoterapeuta, già Presidente della Sezione piemontese dell’IAAP, International Association for Art and Psychology

Nessuna parola può simboleggiare e sintetizzare questo libro meglio del disegno sulla copertina. La mano lieve e profonda di Albertina Bollati tratteggia un albero con quattro gomitoli, frutti ancora acerbi in cui sono serrate la vita dell’autrice e di tutti noi. Cosa siamo in fondo tutti noi con I  nostri disagi interiori, se non gomitoli che imprigionano fili, che solo sgarbugliati a poco a poco possono prendere forme vive e vitali?
I conflitti intimi che ci bloccano forza e empatia, spesso residui di traumi transgenerazionali di cui siamo portatori inconsci, possono essere riconosciuti e superati attraverso un percorso di micropsicoanalisi che li riporti alla luce, insieme con le tracce di elementi positivi. Come ci spiega la  psicoanalista e terapeuta Daniela Gariglio nella bella introduzione, sbloccando il patrimonio filogenetico di dolori e piaceri, entrambi si possono ricombinare in una salute  psicobiologica portatrice di serenità, calma, apertura agli altri, creatività. 
Enza Prunotto, artista e paziente, ci racconta un percorso né facile né breve capace di portare , “dalla morte dentro” alla distensione fiduciosa, “dal buio alla luce”, “dall’io alla relazione”, che genera un soddisfacente senso di appartenenza. Fino all’approdo da una vita malata a una “vita guarita”
Utilizzando la metafora dei gomitoli, Prunotto racconta i suoi quattro: L’inizio, La vita gentile,  Progetti, La Bellezza, tappe che hanno permesso ai fili di srotolarsi, svelando e indebolendo profondità psichiche malefiche e rafforzando le benefiche.
L’autrice si rivela a noi come si è rivelata a se stessa, a poco a poco. Bambina spesso con la morte dentro, con la paura di dormire per non cadere nel vuoto, con difficoltà a esprimere le emozioni, disagi passati a lei da un nonno dalla vita difficile e dall’angoscia della famiglia per la sua morte precoce. Ma anche felice quando sente l’amore dei genitori, quando balla col padre, quando gioca e corre a perfidiato, quando sta a contatto con la natura, quando disegna “scarabocchi”, tentativo inconsapevole di proiettare nei segni “l’inesprimibile genealogico”,  l’immagine di sé che la abita suo malgrado, portato dell’energia transgenerazionale che obbliga a replicare sensazioni e comportamenti che non ci appartengono. Appena il muro dell’inconscio comincia a sgretolarsi, Prunotto transita da disegni di figure appena accennate, quasi vuote, a corpi di donna più definiti ma ancora provati nella psiche, accasciati, angosciati, di colore scuro. Man mano che il vuoto dell’inconscio diventa meno vuoto, genera frammenti di corpi in formazione, le ombre vengono invase e disintegrate dalla luce, anche se le figure sono ancora grigie e frammentate. Per diventare alla fine complete, materiche, serene, espresse in colori pacati, direi meditativi. Pacati anche gli acquarelli, frutto di uno sguardo caldo sulle cose e a momenti quasi astratti nel cogliere impressioni, sprazzi di bagliori e luci su elementi di natura.
L’animo rasserenato della pittrice è in grado di vedere e recensire le opere di altri artisti, l’energia positiva e rasserenatrice le fanno realizzare il progetto di trasformare la casa genitoriale in galleria dove altri creativi possano esporre le loro opere.
Anche la scrittura, declinata in brevi racconti, si muove da episodi ancora imbrigliati in dolorosi ricordi d’infanzia per poi aprirsi, posare lo sguardo sugli altri, osservare e gioire con tenerezza delle piccole cose della vita, sentirsi invasa da una nuova serenità.
E alla fine, come emblema di bellezza, le poesie e gli Haiku, che camminando “sul ciglio dell’oscuro abisso” tra “fredda onda indifferente”  imparano a salire “la scala della coscienza, per guardare nel paesaggio umano”, sentirsi assalire dalla “gaiezza”, portarsi “al rapido cammino”, all”aria fresca (che)vibra sulla pelle”.
“L’irrequieto divenire galleggia sul placido mare”, consapevole che la coscienza dell’individualità non basta, se non si accompagna alla capacità di vivere la vita in armonia col quotidiano e soprattutto insieme, perché solo tra gli altri possiamo esprimere e realizzare noi stessi.

Ho letto con molto piacere “La vita guarita – sgarbugliando il gomitolo…-“ di Enza Prunotto, quinto libro della Collana Tracce di benessere ricombinate diretta da Daniela Gariglio. Cito l’appartenenza alla collana perché non si tratta di un’opera sciolta, ma di una narrazione che si inserisce in un continuum, che ha un prima e avrà un dopo, come lascia anche molto chiaramente intendere il titolo – se la vita è “guarita” si presuppone che prima fosse “malata” - , che utilizza parole e immagini che immediatamente toccano e creano legame con il riemerso di chi, come me, ha vissuto l’esperienza psicoanalitica.

Mi sono soffermata a lungo sulla lettura del Terzo Gomitolo, immaginando innanzitutto il lavoro di trasformazione della Casa, in cui per tanti anni anni avevano vissuto i genitori, in quella che ho subito percepito non solo come una Galleria, una silenziosa sede espositiva, ma come una Abitazione nuova per quella Associazione culturale ri-fondata con un gruppo di amici, una nuova famiglia.
Ho percepito quelle che Enza Prunotto chiama “Recensioni – Artisti in mostra” – , il cuore di questo Terzo Gomitolo, come veri e propri Dialoghi con le opere e con gli artisti, come la trasformazione delle sue “impressioni” di fronte a forme e colori in parole scritte, a loro volta opere critico/narrative: meraviglioso, fra tutti, il ricordo e omaggio a Elisabetta Viarengo Miniotti che, a partire dal titolo “Di arte e di fervore”, è una vera e propria elegia classica.
Ogni Recensione è un’opera originale che intreccerà nuovi dialoghi con i lettori.
Il mio pensiero, su questo tema, corre subito a Italo Calvino, che tanto ha indagato e sperimentato sulla relazione biunivoca tra letteratura e lettori. In “Lezioni americane – Leggerezza” richiama il mito dell’uccisione di Medusa ad opera di Perseo attraverso un’astuzia – non la guarda mai direttamente ma attraverso il riflesso sul proprio scudo – che permette all’eroe di tagliare la testa al mostro senza lasciarsi pietrificare. Scrive Calvino "… Il rapporto fra Perseo e la Gorgone e complesso: non finisce con la decapitazione del mostro. Dal sangue della Medusa nasce un cavallo alato, Pegaso; … con un colpo di zoccolo sul Monte Elicona, Pegaso fa scaturire la fonte da cui bevono le Muse… Quanto alla testa mozzata, Perseo non l’abbandona ma la porta con sé, nascosta in un sacco; quando i nemici stanno per sopraffarlo, basta che egli la mostri sollevandola per la chioma di serpenti, e quella spoglia sanguinosa diventa un’arma invincibile nella mano dell’eroe…"
Nel leggere le recensioni di Enza Prunotto mi sono sentita parte di questo continuum.

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La vita guarita
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