Descrizione
Il cuore Celtico dell'Augusta dei Taurini di cui si occupa il libro si riferisce a "Taurasia". Un'antica ed ancora oggi enigmatica contrada che lo storico greco Appiano di Alessandria definì "oppido celtico".
Sicuramente una fortezza posta in un contesto eccezionale, vicino all'antico approdo sul Po, dove secondo la leggenda avevano attraccato le navi di eroi egizi e dove erano sorti i primi culti del luogo, come quello di Iside. Le origini dell'abitato, verosimilmente posto su una Rocca che dominava i canneti di Borgh Vanchija (Vanchiglia), si intrecciano in Piazza Castello con i quartieri della città romana. Un luogo dove i nuovi coloni si insediarono, forse perchè si sentivano eredi dei popoli indigeni che ivi abitavano.
Un percorso a tappe, quindi, che dietro alla riscoperta di una città perduta c'è un testardo lavoro di ricerca e di confronto che ci porterà a credere nell'incredibile. La ricostruzione del comprensorio e del paesaggio antico, caratterizzato soprattutto dal percorso dell'arcaica Via Galliarum, ci riconduce verosimilmente ad un popolo che seppe costruire il cielo sulla terra. Ogni osservazione della volta celeste, praticata dagli antici Taurini, suggerisce una storia: un modo nuovo per avvicinarsi a un'epoca remota attraverso le stelle protagoniste nei cieli della Torino celtica.
Un processo di formazione di un arcaico ma funzionale paesaggio rubano che, attraverso l'insediarsi della nuova colonia romana, ripercorre la stessa via, the same way, quella precedentemente stabilita dagli antichi prìncipi locali.
Una fondazione, quest'ultima, dove il potere di Ottaviano/Augusto si manifestava "visivamente" attraverso le sue monumentali porte e le numerose torri poligonali, monumenti che, in parte, delimitano ancora oggi il cosiddetto "Quadrilatero Romano". Un simbolo della nuova "Età dell'Oro", un'era di prosperità e pace dopo oltre un secolo di guerre civili. Progettata e costruita dal novello princeps, un uomo, che per un casuale gioco del destino, nacque all'equinozio d'autunno, al pari di Romolo poco prima del sorgere del Sole. Il giorno del suo concepimento legato al passaggio zodiacale dall'Era dell'Ariete a quella dei Pesci, era prossimo al solstizio d'inverno, quando i luminari, il Sole e la Luna, si trovavano nel segno del Capricorno. Un auctoritas, quella augustea, in grado di integrarsi persino con il moto degli "astri". L'Augusta Taurinorum era quindi una città simbolo, un manifesto ideologico del principato augusteo, dove entrava in gioco la "meccanica celeste" plasmata al suolo attraverso la disposizione urbana dell'antica città.
Sicuramente una fortezza posta in un contesto eccezionale, vicino all'antico approdo sul Po, dove secondo la leggenda avevano attraccato le navi di eroi egizi e dove erano sorti i primi culti del luogo, come quello di Iside. Le origini dell'abitato, verosimilmente posto su una Rocca che dominava i canneti di Borgh Vanchija (Vanchiglia), si intrecciano in Piazza Castello con i quartieri della città romana. Un luogo dove i nuovi coloni si insediarono, forse perchè si sentivano eredi dei popoli indigeni che ivi abitavano.
Un percorso a tappe, quindi, che dietro alla riscoperta di una città perduta c'è un testardo lavoro di ricerca e di confronto che ci porterà a credere nell'incredibile. La ricostruzione del comprensorio e del paesaggio antico, caratterizzato soprattutto dal percorso dell'arcaica Via Galliarum, ci riconduce verosimilmente ad un popolo che seppe costruire il cielo sulla terra. Ogni osservazione della volta celeste, praticata dagli antici Taurini, suggerisce una storia: un modo nuovo per avvicinarsi a un'epoca remota attraverso le stelle protagoniste nei cieli della Torino celtica.
Un processo di formazione di un arcaico ma funzionale paesaggio rubano che, attraverso l'insediarsi della nuova colonia romana, ripercorre la stessa via, the same way, quella precedentemente stabilita dagli antichi prìncipi locali.
Una fondazione, quest'ultima, dove il potere di Ottaviano/Augusto si manifestava "visivamente" attraverso le sue monumentali porte e le numerose torri poligonali, monumenti che, in parte, delimitano ancora oggi il cosiddetto "Quadrilatero Romano". Un simbolo della nuova "Età dell'Oro", un'era di prosperità e pace dopo oltre un secolo di guerre civili. Progettata e costruita dal novello princeps, un uomo, che per un casuale gioco del destino, nacque all'equinozio d'autunno, al pari di Romolo poco prima del sorgere del Sole. Il giorno del suo concepimento legato al passaggio zodiacale dall'Era dell'Ariete a quella dei Pesci, era prossimo al solstizio d'inverno, quando i luminari, il Sole e la Luna, si trovavano nel segno del Capricorno. Un auctoritas, quella augustea, in grado di integrarsi persino con il moto degli "astri". L'Augusta Taurinorum era quindi una città simbolo, un manifesto ideologico del principato augusteo, dove entrava in gioco la "meccanica celeste" plasmata al suolo attraverso la disposizione urbana dell'antica città.