Descrizione
C’è un mistero a Monforte d’Alba. Intorno all’anno 1028 questo tranquillo paese arroccato su una collina delle Langhe fu teatro di una vicenda inquietante ed oscura, culminata con quello che probabilmente è il primo caso di persecuzione degli eretici da parte della Chiesa cattolica. Lo testimoniano due brevi documenti in latino, la cui frammentarietà lascia però molti quesiti senza risposta. Chi erano i Càtari di Mons Fortis? Da dove venivano? Chi era la misteriosa contessa in nero? Perché la Chiesa si accanì contro di loro fino a bruciarli sul rogo a Milano?Un giovane studioso tedesco, aiutato da un prete saggio e arguto, cerca appassionatamente la verità.
La prima edizione de Il castello dei Càtari, uscita nel 1996, vinse il Premio del Presidente del “Cesare Pavese” nel 1997 a Santo Stefano Belbo.
[…] Hans annotò che qui non si riferiva nulla del cavaliere malato e della misteriosa guaritrice e si riportava invece l’interrogatorio di Ariberto a certo Girardo, del quale egli voleva mettere in luce la cattiva fede. Proseguì dunque nella lettera del dialogo, confrontando ad ogni frase il testo italiano con quello originale latino.
“Avuta dunque licenza di parlare, e comandato il silenzio, Girardo prese a dire: ‘Rendo immense grazie a Dio onnipotente Padre, e al Figlio e allo Spirito Santo, poiché voi volete così accuratamente interrogarmi. E colui che fin dal principio vi ha conosciuti nei lombi di Eva, voglia che viviate con lui e con lui moriate, e vi gloriate, regnando con lui per i secoli dei secoli. Qualunque sia l’intenzione con cui voi volete sapere tali cose, io vi esporrò la mia vita e la fede dei miei fratelli. Noi stimiamo sopra ogni cosa la verginità: fra coloro che hanno moglie, colui che è vergine conservi la verginità, chi è già corrotto, avuta licenza dal nostro superiore, osservi una perpetua castità. Nessuno di noi usa carnalmente con la moglie ma la tiene cara come madre e sorella. Non mangiamo mai carne, e facciamo continui digiuni e ininterrotte preghiere: sempre, giorno e notte, i nostri superiori pregano a turno, affinché nessuna ora passi senza orazione. Abbiamo tutte le nostre proprietà in comune fra tutti gli uomini. Nessuno di noi finisce la vita senza tormento, per poter evitare gli eterni tormenti […]”.