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Filosofia della performance

L'experimenta mundi da Orson Welles a Marina Abramovic

Descrizione

Il legame tra performance e macchina da presa ha realizzato quanto sintetizzato un tempo dal cineasta Akira Kurosawa, che vedeva il cinema come un contenitore che racchiude dentro di sé molte altre arti, dalla letteratura al teatro, con aspetti filosofici e attributi improntati alla pittura, alla scultura, alla musica. Detta tesi potrebbe spingerci quasi a sostenere che la performance art filmata potrebbe rappresentare, in un certo senso, la summa definitiva di ciò che si intende comunemente per prodotto cinematografico, nel suo essere a fortiori imperfetto e in divenire: dall’inglese to happen (accadere), appunto. Eppure, non è forse questo che rende l’esperienza filmica qualcosa di assolutamente unico e irripetibile, esattamente come la vita? I performer immortalati nell’atto di creare l’evento, di far succedere le cose, con gesti più o meno teatrali, più o meno eclatanti, giungono da mondi diversi, distanti per epoche e per geografia. E di essi Sergio Arecco propone alcuni significativi campioni, nella sua premessa al volume: ciò che li accomuna, oltre alla raccolta ragionata di opere off che andrete a gustare, sono i concetti cardine che muovono l’artista, lo sperimentatore, il folle, l’alternativo: ambizione, coraggio, curiosità dettata dalla volontà di scoperta e di sorpresa. Gli stessi stati d’animo e le medesime caratteristiche che muovono arabAFenice, l’editore della presente pubblicazione che, con la collana “Le parole dello spettacolo” (apertasi con Topolino fa 90 nel 2019), ha deciso di inaugurare un filone dedicato alla materia con grande assertività e notevole entusiasmo, desiderando con ciò rappresentare un complemento ideale e concettuale alla neonata Cineteca Sergio Arecco di Busca

Sergio Arecco

Sergio Arecco, insegnante e studioso di cinema, collaboratore delle principali riviste del settore, può vantare nel suo curriculum una decina di monografie su registi e attori  - da Pasolini a Oshima, da Cassaavetes a Lucas, da Markopoulos a Bergman, da Resnais e Bresson a Dietrich e Brando, per editori come Il Castoro, Le Mani, Bulzoni, Ets o L'Epos - e una nutrita serie di volumi a tema: da Il paesaggio del cinema (premio "Maurizio Grande") a Anche il tempo sogna. Quando il cinema racconta la Storia (premio "Filmcritica/Umberto Barbaro), da Le città del cinema a Il vampiro nascosto. Ha inoltre collaborato al Dizionario critico dei film Treccani e al Dizionario dei registi del cinema mondiale Einaudi. Di recente ha pubblicato, per la Cineteca di Bologna, un ampio repertorio del corto sonoro: Il cinema breve. Da Walt Disney a David Bowie, con la prefazione di Goffredo Fofi.

Arecco fu tra i primi a ravvisare l’importanza e l’originalità delle teorie pasoliniane sul cinema, e, in quello stesso periodo, ebbe anche il merito di scrivere una delle prime monografie dedicate al cinema dell’autore di Accattone, pubblicata da Partisan. […]
Con questo nuovo studio, il passato e il presente degli oggetti di studio di Arecco, convergono in un’attenta lettura dei corto e mediometraggi pasoliniani, che costituiscono una parte rilevante per qualità e quantità della sua filmografia (una decina di titoli) perché la concezione del cinema del poeta-regista si alimentava di un’inesausta sperimentazione e quindi doveva necessariamente misurarsi con la durata “anomala” del corto e del mediometraggio (tutt’altro che rara negli anni ‘60 grazie alla moda dei film a episodi ma declinata in forme assai diverse da quelle specifiche di Pasolini).
Come osserva acutamente Arecco, i film brevi costituiscono «l’espressione più spontanea, magari a volte estemporanea e occasionale (ben quattro concorrono a formare altrettanti film a episodi), del suo modo diretto, degno del “discorso indiretto libero” al centro della sua ricerca da semiologo, d’intendere il cinema, di riprendere luoghi e figure, situazioni e mondi, spesso remoti, illuminazione per lui – Asia, Africa, Terzo Mondo in genere – di un’alterità radicale, quasi ascetica, trascendente, messianica. Che rende quei mondi, a suo giudizio, felicemente regressivi, alieni, refrattari al nostro mondo contaminato dal modernismo, brutalizzato dal neocapitalismo. I corti di Pasolini illuminano, a volte nell’arco temporale di una mezz’ora, a volte più, a volte meno, un universo di parole e immagini, di storie e leggende, di realtà atroci o di favolosa fantasia.
Dalla Prefazione di Roberto Chiesi a Pier Paolo pasolini


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