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Pier Paolo Pasolini.

Il corto in forma di poesia 1975-2025

Descrizione

I corti di Pasolini illuminano, a volte nell’arco temporale di una mezz’ora, a volte più, a volte meno, un universo di parole e immagini, di storie e leggende, di realtà atroci o di favolosa fantasia. Un ulteriore paradosso: è un universo denso, di fatto racchiuso nella compiuta “linguistica” – parola chiave per Pasolini, comprensiva di un perfetto insieme semantico – del film breve. Una parte per il tutto, e una parte sovente esaustiva, una sineddoche ad alta intensità, figura di un’ars retorica di tipo sia narrativo sia documentario, che i cento/centoventi minuti di un lungometraggio potrebbero magari non reggere – un ennesimo paradosso –, senza saperlo o senza volerlo. Sopralluoghi in Palestina per Il Vangelo secondo Matteo non è da meno rispetto al Vangelo in sé, di cui La ricotta rappresenta una formidabile premonizione e un crudele antefatto. Totò al circo, nella sua sintesi improvvisata e incompiuta, non è da meno rispetto a Uccellacci e uccellini, a cui apparterrebbe e della cui aura novellistica prefigurerebbe, stando alla sceneggiatura, un’istanza ben riconoscibile. Le mura di Sana’a non è da meno rispetto a Il fiore delle Mille e una notte, di cui costituisce ben più di un indicatore di location, se mai un preciso codice di lettura, di sottile suggestione.

Arecco fu tra i primi a ravvisare l’importanza e l’originalità delle teorie pasoliniane sul cinema, e, in quello stesso periodo, ebbe anche il merito di scrivere una delle prime monografie dedicate al cinema dell’autore di Accattone, pubblicata da Partisan. […]
Con questo nuovo studio, il passato e il presente degli oggetti di studio di Arecco, convergono in un’attenta lettura dei corto e mediometraggi pasoliniani, che costituiscono una parte rilevante per qualità e quantità della sua filmografia (una decina di titoli) perché la concezione del cinema del poeta-regista si alimentava di un’inesausta sperimentazione e quindi doveva necessariamente misurarsi con la durata “anomala” del corto e del mediometraggio (tutt’altro che rara negli anni ‘60 grazie alla moda dei film a episodi ma declinata in forme assai diverse da quelle specifiche di Pasolini).
Come osserva acutamente Arecco, i film brevi costituiscono «l’espressione più spontanea, magari a volte estemporanea e occasionale (ben quattro concorrono a formare altrettanti film a episodi), del suo modo diretto, degno del “discorso indiretto libero” al centro della sua ricerca da semiologo, d’intendere il cinema, di riprendere luoghi e figure, situazioni e mondi, spesso remoti, illuminazione per lui – Asia, Africa, Terzo Mondo in genere – di un’alterità radicale, quasi ascetica, trascendente, messianica. Che rende quei mondi, a suo giudizio, felicemente regressivi, alieni, refrattari al nostro mondo contaminato dal modernismo, brutalizzato dal neocapitalismo. I corti di Pasolini illuminano, a volte nell’arco temporale di una mezz’ora, a volte più, a volte meno, un universo di parole e immagini, di storie e leggende, di realtà atroci o di favolosa fantasia.
Dalla Prefazione di Roberto Chiesi



Biografia dell'autore


Sergio Arecco

Sergio Arecco, insegnante e studioso di cinema, collaboratore delle principali riviste del settore, può vantare nel suo curriculum una decina di monografie su registi e attori  - da Pasolini a Oshima, da Cassaavetes a Lucas, da Markopoulos a Bergman, da Resnais e Bresson a Dietrich e Brando, per editori come Il Castoro, Le Mani, Bulzoni, Ets o L'Epos - e una nutrita serie di volumi a tema: da Il paesaggio del cinema (premio "Maurizio Grande") a Anche il tempo sogna. Quando il cinema racconta la Storia (premio "Filmcritica/Umberto Barbaro), da Le città del cinema a Il vampiro nascosto. Ha inoltre collaborato al Dizionario critico dei film Treccani e al Dizionario dei registi del cinema mondiale Einaudi. Di recente ha pubblicato, per la Cineteca di Bologna, un ampio repertorio del corto sonoro: Il cinema breve. Da Walt Disney a David Bowie, con la prefazione di Goffredo Fofi.

Arecco fu tra i primi a ravvisare l’importanza e l’originalità delle teorie pasoliniane sul cinema, e, in quello stesso periodo, ebbe anche il merito di scrivere una delle prime monografie dedicate al cinema dell’autore di Accattone, pubblicata da Partisan. […]
Con questo nuovo studio, il passato e il presente degli oggetti di studio di Arecco, convergono in un’attenta lettura dei corto e mediometraggi pasoliniani, che costituiscono una parte rilevante per qualità e quantità della sua filmografia (una decina di titoli) perché la concezione del cinema del poeta-regista si alimentava di un’inesausta sperimentazione e quindi doveva necessariamente misurarsi con la durata “anomala” del corto e del mediometraggio (tutt’altro che rara negli anni ‘60 grazie alla moda dei film a episodi ma declinata in forme assai diverse da quelle specifiche di Pasolini).
Come osserva acutamente Arecco, i film brevi costituiscono «l’espressione più spontanea, magari a volte estemporanea e occasionale (ben quattro concorrono a formare altrettanti film a episodi), del suo modo diretto, degno del “discorso indiretto libero” al centro della sua ricerca da semiologo, d’intendere il cinema, di riprendere luoghi e figure, situazioni e mondi, spesso remoti, illuminazione per lui – Asia, Africa, Terzo Mondo in genere – di un’alterità radicale, quasi ascetica, trascendente, messianica. Che rende quei mondi, a suo giudizio, felicemente regressivi, alieni, refrattari al nostro mondo contaminato dal modernismo, brutalizzato dal neocapitalismo. I corti di Pasolini illuminano, a volte nell’arco temporale di una mezz’ora, a volte più, a volte meno, un universo di parole e immagini, di storie e leggende, di realtà atroci o di favolosa fantasia.
Dalla Prefazione di Roberto Chiesi a Pier Paolo pasolini



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